Pioveva.
Ma la fresca pioggia non riusciva a scalfire la bellezza del paesaggio che, anzi, appariva ancora di
più terso e sereno, dipinto, immobile, perfetto.
La vegetazione, tutt’intorno alla casa, si apriva sulla collina e lasciava lo spazio ai colori del mare.
Le foglie degli alberi, si aprivano all’acqua che le picchiettava dolcemente, quasi a destarle dalla
naturale immobilità.
Le gocce pesanti si prendevano tutto, bagnavano ogni cosa, si insinuavano in ogni dove, scivolano
sulle superfici, era impossibile non esserne toccati.
Un rumore costante si disperdeva dietro all’ascoltatrice distratta e camminava nell’aria e per la
natura circostante, si diffondeva da ogni pianta e dal cielo, dal terreno e dalle creature viventi e man
mano conquistava l’ambiente tutto.
Era impossibile non ascoltarlo era impossibile esserne estraneo.
Costante e preciso, il rumore, conquistava i pensieri, a volte li copriva altre li esaltava.
Rendeva inutile la volontà di Luise di pensare ad altro.
Il rumore della pioggia le rammentava fermamente l’impossibilità di uscire dal pensiero di lui, la
sua incapacità di distrarsi, la sua volontà di tenerlo sempre fermo nella sua vita.
Però la pioggia ne bagnava i vestiti e la riportava alla realtà e le ricordava che era inutile aspettarlo
tanto, forse non sarebbe mai tornato.
Lui aveva un vita strana, era forse possibile mutarne il corso?
Ma lei lo aspettava sotto l’acqua, perché voleva sapere, conoscere.
Questo, per lei, era un impegno molto grande e la gravosità del compito, ne giustificava le azioni.
Non si preoccupava di ciò che le succedeva intorno, ma solo del suo obiettivo. Quindi, lo aspettava
sotto l’acqua, assorta.