– Ho parlato con Alberto. Disse candidamente Luise.
– Cosa ti ha detto? Rispose con noncuranza fissando il libro che era sul tavolo.
– Che domani è prevista la nostra partenza, ma che molto probabilmente
saremo costretti a rimandarla. Ha capito che io non andrò! Confermò netta Luise.
Fuori aveva appena incominciato a piovere, le finestre tremavano a causa dei tuoni ed a
stento riuscivano a trattenere il fragore che essi provocavano.
Adesso i due si guardavano fisso, senza proferire parola.
Ma all’improvviso un lampo tagliò il cielo in due e la luce si spense.
Rimasero fissi a guardarsi per un’altra manciata di secondi, nel buio, ciascuno immaginando
i pensieri dell’altro. Il vento iniziava a parlare convulsamente alle piante del giardino e la
pioggia sembrava voler interrompere la conversazione quasi turbata dall’instaurarsi di quel
colloquio alla quale non era stata invitata.
Un rumore di porta, sospinta di forza, arrivò alle orecchie di Luise, in quel buio profondo,
quasi a conferma di qualcosa che già immaginava ma che non voleva scoprire e la pioggia
continuava insistentemente a cadere sopra i tetti delle case, sopra i vetri delle finestre, sopra
le piante già battute dal vento, incurante della storia che si stava svolgendo.
Lei, avvolta nel buio spettrale, contornato da quei lampi di luce che quasi le scuotevano i
ricordi e le sembravano suggerire ogni sbaglio fatto, incapace di distogliere lo sguardo dal
vuoto, cosi rassicurante, si destò soltanto poco dopo quando, d’improvviso, tornò la luce.
La testa le diceva di fare qualcosa, di agire, di darsi da fare, ma le circostanze le suggerivano
di rimanere a fissare il vuoto, di affidarsi all’inerzia, una volta tanto nella vita!
La pioggia, copiosa e ballerina a causa del vento, pareva suggerirle la medesima cosa.
Delle volte, nei momenti tempestosi, abbandonarsi ai flutti inevitabili, costituisce riparo e
conforto, stranamente.
Tornò la luce e lei si accorse chiaramente che, tutto quello che aveva immaginato, si era
verificato in quella notte di tempesta, così magnificamente che nemmeno un film ne sarebbe
stata ricostruzione migliore.
Che fare? E’ possibile ricostruire anni interi, riaverli indietro per cambiarli, per gestirli nel
migliore dei modi, senza sbagli? Ormai era rimasta sola e forse, adesso, avrebbe avuto
quella calma e quella lucidità che un tempo l’avevano contraddistinta e che poi, forse
involontariamente, aveva abbandonato, ma che le avevano sempre permesso di fare la cosa
più vera.
La porta era stata spinta di forza perché l’altro era scappato, aveva preferito affrontare il
temporale là fuori, anziché restare con lei, dentro quella stanza, al buio, in attesa del resto di
quella conversazione che anche lui aveva aspettato da tempo ma che ora, forse, non voleva
più ascoltare per paura o per inerzia o per entrambe le cose.
Delle volte, nei momenti tempestosi della vita, l’abbandonarsi ai flutti ti fa evitare di lottare.